Ferito a morte
di Raffaele La Capria
regia di Roberto Andò
teatro Mercadante, Napoli,19/30 ottobre 2022
A chiunque, dopo aver letto il meraviglioso romanzo di Raffaele La Capria, viene in mente di rileggerlo, perché sfugge qualcosa: la trama.
Ci si abbandona così tanto alle morbidezze delle atmosfere distratte, spensierate, che non si segue il racconto, se racconto lo scrittore vuole.
La storia si dipana dal 1943 al 1954, dal primo incontro tra Massimo de Luca e Carla Boursier. L’invaghimento.
Sedici personaggi, nell’adattamento di Emanuele Trevi, con la regia di Roberto Andò, si avvicendano e si affollano sulla scena. Sedici personaggi e li amiamo tutti. C’è il mare, la buona tavola, i passatempi, la borghesia, le case belle, i primi turbamenti d’amore, le prime visioni del futuro.
La scena scivola e si scompone su piani verticali ed orizzontali e i dialoghi si svolgono affacciati, seduti, sdraiati, si scambiano spesso posizioni, offrendo un dato stimolante alla recitazione.
Romanzo scritto nel 1961, vinto lo Strega nel 1961, edito da Bompiani.
La Capria ama la città, la scolpisce, le offre una definizione che le resterà impressa per sempre, perché Napoli è la città della flessuosità. Che riesce a domare le spavalderie, in quanto sa ammantarle di goduria. Chiunque, nel suo romanzo, è affetto da mollezza e chiunque sulla scena, adattata da Trevi, la conferma. Leggevo su un testo critico che non si può veramente rappresentare teatralmente un romanzo, e non certo un romanzo come questo, così complesso, così articolato, ma bisogna correrci parallelamente. Da Ferito a Morte si può trarre spunto, si può utilizzarne il timbro dei personaggi, ma poi lo scrittore autorizza il distacco, la propria visione da spettatore, la lettura che si preferisce. Ci subordina solo sulla definizione. Su quella non transige e la regia e l’adattamento lo hanno ben compreso.
Si sono, ci siamo innamorati. E non è facile, un romanzo può diventare cronaca, o adattamento storico, o indice etico, filosofia del tempo, dell’autore, vedi Bernard, Pasolini, De Filippo. La Capria scrive per farci innamorare. Lui stesso era innamorato.
Nato a Napoli nel 1922, poi aveva viaggiato, e, come spesso fanno i napoletani di genio, si era trasferito a Roma.
Tutti questi uomini illustri hanno conservato un debito di riconoscenza, anche un certo senso di colpa, per aver tradito questa bella città, che ferisce a morte.
E scrivono, scrivono per risolvere questa questione dell’amore irrisolto, per compensare l’abbandono.
Lui lo fa con questo testo. Nasce da un amore, perla d’amore. Tra bella gente, non è proletariato, o ceti a disagio, ma fantastici giovanotti e signorine che vivono nell’eleganza, palazzo Donn’Anna, Positano, barche, bella vita, cibi raffinati e salotti bene.
Bello Andrea Renzi, Massimo adulto, con la sua voce diaframmatica, racconta, chiarisce, mette a fuoco. Guizzante Gianni Ludeno, Nini, imprevedibile e fantasioso, e la signora De luca, Gea Martire. Gran dama, saggia e querula e tutti, tutti.
Suggestivo il video del mare di Luca Scarzella le regolazioni del suono di Hubert Westkemper.
Ferito a morte ci rende fieri di essere napoletani, ci autorizza un certo ottimismo, perché trasuda coraggio. La messa in scena ci restituisce una prova di altrettanta baldanza oltre che di bravura.
Vera Vita Gioia
Napoli 12 novembre 2022