Napoli 27 febbraio 1 marzo 2020, il festival “lezioni di storia” seconda edizione, dal titolo “noi e loro”, si è svolto nel massimo consenso del pubblico e penso anche dei relatori e dell’organizzazione tutta.
Eravamo abbastanza perplessi, in un tempo di corona virus o meglio covid 19, che le cose potessero andare lisce. Si cominciava ad avvertire un disagio al nord Italia e sicuramente entro breve, vista la totale incapacità dei nostri governanti centrali, si sarebbe diffusa la contaminazione dell’epidemia, anche qui al sud. Ma ce l’abbiamo fatta, per un pelo. Gli autori, gli editori Laterza e sommessamente organizzazione e pubblico bisbigliavano che da Noi non sarebbe successo, ma da Loro sì. Era l’ora che si invertissero i vettori, era il tempo in cui i paesi che avevamo rigettato come extracomunitari, ci comunicassero che gli indesiderati eravamo Noi e Loro quelli in protezione, sigillando i confini, escludendo la fratellanza. E’ così, tutto torna, il battito di ali diviene dall’altra parte del globo una tempesta ed eccoci isolati nelle nostre case all’indomani di questo splendido festival in cui abbiamo ignorato, volontariamente, che stava per suonare la sirena del coprifuoco e maggiormente, con attenzione ed avidità, ci siamo immersi, incuranti delle folle considerevoli, in ogni aula, sala, teatro o foyer possibile. In ogni dove ci fosse una voce illuministica, che ci desse una forza, una spinta a credere, a ragionare, a convertirci in resilienti, qualora ci fossero cupezze e comprendevamo quegli impercettibili tremolii della voce, quelle strane contrazioni lievi, ma visibili di chi teneva in mano le fila e temeva che in ogni momento si spegnessero le luci e lo spettacolo finisse all’improvviso. No,no,no. Gente tosta questi. Le distanze di due metri, restare in casa se over 65, al primo colpo di tosse autoinfliggersi una quarantena, pochi brividi ed il tampone.
In quei quattro giorni tutti sapevamo già tutto e forse proprio per questo non ci siamo allontanati. Abbiamo fatto la resistenza, ci siamo fatti forza insieme, sapendo che un mondo più attento, giusto ed intelligente è di là da venire e forse proprio in quei momenti in cui gli storici ci dispensavano, con estrema generosità, il tema da essi stessi scelto, eravamo attenti a cogliere i segnali, a capire che ci stavano elargendo i mezzi critici per comparare, per accettare che la storia racconta quello che di inevitabile doveva accadere ed è accaduto, ma, a dispetto di ogni fraintendimento o manipolazione dei potenti, o della scrittura della storia stessa, i successori, gli eredi degli eredi degli eredi erano qua, in un numero simbolico dell’umanità intera, a metabolizzare, a ricaricare i cervelli intontiti dall’esuberanza delle informazioni a valanga di tipo manipolatorio-depressivo, a fare la festa prima di andare a dormire, come appunto quando la festa riesce bene e non vuoi proprio andartene.
Incuranti, quelli che sognano, sognano l’utopia, ci credono e si sacrificano per questo sogno. Passano la vita a negarsi alle facezie e a concedersi il rigore, partecipano, con gesti piccoli o grandi, alla vita politica, e sanno che il vecchio slogan conta: il personale è politico.
Gli applausi mi sembravano molto caldi e spesso gli autori emozionati.
Chi studia tanto, per tutta una vita qualcosa ne è paladino, quell’argomento è una sua creatura, lo racconta come se raccontasse una storia intima, di famiglia, assume l’umiltà di chi sta proprio rivelando qualcosa di molto personale, segreto e quasi prova pudore e si ferma di botto quando i minuti finiscono per non esondare, col timore di essere invadente. E racconta di Saffo, Dante, Beethoven, Mann, Totò o Cesare, come fossero dei fratelli, degli amici con cui si è condiviso il gioco, le passeggiate, le chiacchierate.
Bello, molto bello. Anche perché il ritorno alla realtà è il ritorno alle convenzioni, studiate male, comunicate peggio. Ci avrebbero recintati in zona rossa, con un ritardo ed una miopia imbarazzanti, ci avrebbero colpevolizzato per essere usciti senza rispettare le precauzioni, senza assumersi essi stessi le responsabilità di doverci seguire ed orientare con competenza ed amorevolezza. Ora siamo Noi gli immaturi e Loro i saggi.
Tutta la storia che gli studiosi ci hanno raccontato infine era sempre una storia in cui appariva un’ingiustizia, un’illusione, una manipolazione, un agguato alla bellezza della vita.
E’ come una denominazione del genere umano che, seppur dopo millenni, non muta anche se, paradossalmente, a chi ascolta ora quello che è accaduto in epoche remote o passate, sembra affascinante, emozionante, ci indigna e ci esalta, a seconda, solo perché è alle nostre spalle?
Credo solo che nel ripercorrere gli accadimenti Loro, i relatori, e Noi, gli uditori, eravamo allineati in una speranza e che gli esempi sarebbe serviti per cambiare, per moralizzare, per edificare.
Ciò non può quasi avvenire perché l’uomo è tale per definizione, resta tale, mediocre, furbo, approfittatore e chi era là, in quei luoghi del racconto, cercava di sentirsi diverso, quello che si è posto su un piano umile, dello studio e dell’ascolto, di volontà di cambiamento, di evoluzione, di elevazione. Sì forse un misticismo sottendeva tutto.
Un manipolo di utopisti che si facevano forza sapendo che fuori stava infuriando la tempesta, restando ancora un attimo prima di azzittirsi. Non ci saremmo mai potuti permettere tutta questa solitudine, se non avessimo accolto il piccolo cuore centrale del festival: Noi e Loro siamo la stessa cosa, ci credevamo ieri, ma oggi proprio non lo dimenticheremo mai più.
Vera Vita Gioia
10 marzo 2020-03-10 ore 17