San Ferdinando 23/28 novembre di Ruggero Cappuccio e Jan Fabre.
Da un testo ed una regia ineccepibili si erge la grande protagonista che tutto raccoglie e condensa in una bellezza scenica e recitativa di grande potenza: Sonia Bergamasco.
Una Cassandra del terzo millennio che canta i più bei motivi dei beatles e si muove sinuosa come un serpente luccicante. Una donna di oggi e di ieri piena di passato remoto e presente imperativo.
Del mito c’è traccia sì, più che altro una definizione, di saper guardare nel profondo di un mondo quasi immutato, nei suoi parametri di scelleratezza e superficialità.
La bellezza di una statua che giunge corazzata di tulle nero, eretta come un titano, non debole, nonostante attraverso la maledizione di Apollo, avesse perso tutto il vigore predittivo.
E’ una donna di grande intelligenza e maturità che sa guardare ed accettare con sarcasmo il declino del pianeta, la fragilità dell’amore in tempi di grande supeficialità e avidità.
Cambia d’abito di tratto in tratto, dal nero al rosso, al verde al giallo paglierino. E’ ricoperta da una stratificazione di cui si libera danzando e giacendo accanto ai serpenti seduttivi.
Il bagliore del verde è di un’intensità commovente. Una recitazione vigorosa del tempo della dannazione anti ecologica, del disastro ambientale.
Sonia Bergamasco urla il dolore della Terra umiliata dalla violenza dell’uomo, sottomessa alla sua arrogante ingratitudine .
Isole di plastica grandi come una nazione, innalzamento del livello dei mari, ghiacciai dissolti nel giro di un tempo assai breve.
Il grido doloroso e maturo di chi guarda molto lontano, attraverso le maglie di vite apparentemente leggere e felici, di chat social e star system da emulare.
Unica meta: eterna giovinezza e danaro a proofusione.
Non molto altro.
Questo lo pensiamo noi che guardiamo ed ascoltiamo un lavoro finalmento strepitoso.
Standing ovations a Sonia, Jan e Ruggero. Grazie.
vera vita gioia