Maestri di Strada, trerrote, fondazione Napoli, teatro Bellini
2/3 marzo
al piccolo Bellini, Nicola Laieta, regista teatrale, conduce una folta rappresentanza di giovani allievi inseriti nei progetti di formazione di Mestri di Strada, di base a ponticelli, Napoli est e
tenuti insieme dalla saggia e colta attenzione di Cesare Moreno.
Inizialmente ci fu il progetto Chance, nato nel 1998 e finanziato da istituzioni pubbliche, messo su da Cesare Moreno e Carla Melazzini, poi riversatosi nel 2009 nell’associazione Maestri di Strada, sorretto da sostegni privati.
Un istituto scolastico nel bel mezzo dei lotti di Napoli est, Ponticelli, dove vivere è una scommessa e sentirsi isolati e persi è una realtà.
Questo luogo è ameno, delizioso, strano e complesso, in continua evoluzione. Cesare Moreno coagula infinite decine di operatori della formazione e allievi raccolti e richiamati da un territorio che conosce quasi esclusivamente una vita oltre i limiti.
I ragazzi che pullulano nel CUBO, centro polifunzionale dedicato a Ciro Colonna, vittima giovane della camorra, si trasformano all’ingresso stesso dell’edificio.
Mutano linguaggio, espressione dello sguardo, atteggiamenti, movenze, modo di relazionarsi.
Si sentono nel posto giusto. Accolti, rispettati, ascoltati.
Il mondo al di fuori del centro assume altre possibilità.
Di essere compreso, tradotto in altri linguaggi, trasformato con la capacità di chi impara a mutare se stesso e la realtà circostante.
Non che questo renda le cose facili.
E’ che le difficoltà vengono osservate con uno sguardo più critico e consapevole e forse, viste sulla lunga distanza, si immagina anche di vedere se stessi in una dimensione lontana, diversa, riscattata.
Al Ciro Colonna gli adulti ed i ragazzi vivono insieme, mangiano insieme, si incontrano mentre si spalmano al sole sui gradini dell’anfiteatro, si scambiano opinioni e hanno un gran rispetto delle regole del buon vivere in comunità.
Sono felici o almeno ci sono vicini.
I laboratori sono molteplici, attivano costantemente altre facoltà, rispetto a quelle praticate nella vita della famiglia d’origine, che merita comunque tutto il possibile rispetto.
La loro azione, appuno, è visibile nel percorso delle diffuse attività ed in tutte prevale un’ attitudine alla performance, ovvero tutto si trasforma in movimento del corpo e della mente. Del corpo e della mente che si determinano prima inconsapevolmente, ma che, nei canali delle attività, modificano l’inconsapevolezza in coscienza del cambiamento, nei valori insoliti che si innestano, nella relazione più sana tra le persone, nelle mutate prospettive che creano una reazione a catena in se stessi e tra i molti.
Il tragitto teatrale è quello che condensa le valenze dinamiche, si crea un entusiasmo anche per il fatto che finalmente si è visibili, sanamente narcisisti, collegati gli uni agli altri con la conseguente attenuazione dei conflitti.
La Quasi Storia di Giulietta e Romeo, al Piccolo Bellini, è una storia di 70 minuti in cui si resta incollati alla vista di un’innocente, divertente, ironica e affettuosa rappresentazione di giovani energici e generosi.
Hanno la loro visione di quella storia di amore e sacrificio.
Spengono la drammaticità con la loro gioventù diversa. Il regista, Nicola Laieta, li ha assemblati, ha sicuramente scritto e sceneggiato le peculiarità di un racconto triste, straziante, traducendolo in un gustoso divertimento.
Il Romeo è giovane ed esile, la Giulietta graziosa e un pò indifferente alla conquista amorosa. E’ la donna nuova che si allontana dal bisogno ineluttabile della seduttività. Accetta di sposare il suo ragazzo, di fatto stralunato, leggermente immaturo e distratto dalle letture che lo assorbono più di ogni cosa.
Le famiglie si fronteggiano con poca convinzione e la fanciulla che racconta i raccordi della vicenda è davvero irresistibile nel suo modo di recitare e nella spontanea disinvoltura delle donne di buon senso, pratiche, disilluse, che vedono chiaro oltre gli schermi delle regole ufficiali.
Una partecipazione corale massiccia, i costumi semplici ma eleganti.
Una scena di pochi oggetti, solo simbolici, nelle cadenze della narrazione.
Come l’Arrevuoto di Scampia, il teatro ricerca educazione del Ciro Colonna riporta immediatamente ad un’azione di riscatto e di riposizionamento di questo, di precedenti e di successivi gruppi di giovani, fortunati di essersi incontrati e soprattuto di aver incontrato luogo e persone giuste.
vera vita gioia
10 marzo 2022